Allevamenti di Visoni chiusi, ma gli animali sono ancora detenuti in gabbia

Dal 1° gennaio di quest’anno, come stabilito dalla legge di bilancio 2022, in Italia è vietato allevare animali “da pelliccia”: è una vittoria storica per la quale le associazioni si battono da sempre. Resta il problema dei circa 5.700 visoni riproduttori ancora detenuti, in deroga e ormai oltre la scadenza del 30 giugno stabilita per legge, negli stabilimenti destinati alla chiusura: per legge, entro il 31 gennaio il Ministro delle Politiche agricole Patuanelli (di concerto con i Ministri della Salute Speranza e della Transizione ecologica Cingolani)  avrebbe dovuto disciplinare non solo i criteri e le modalità di indennizzo per gli allevatori, ma anche l’eventuale cessione degli animali ancora rinchiusi negli stabilimenti e il loro trasferimento, a determinate condizioni, in strutture gestite direttamente da associazioni animaliste o in collaborazione con le stesse.  
Nonostante la costante pressione delle organizzazioni Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV, LEIDAA e nonostante le recenti assicurazioni del Sottosegretario alle Politiche agricole Centinaio in Parlamento, del decreto attuativo, con le previsioni su indennizzi e cessione, al momento non si hanno notizie.


La legge di bilancio consente agli allevatori di detenere gli ultimi visoni rimasti nelle strutture “per il periodo necessario alla dismissione delle stesse e comunque non oltre il 30 giugno 2022”. 
A cinque mesi dalla scadenza per la pubblicazione del decreto, e con il termine per la dismissione ormai scaduto, il Ministro non ha rispettato la legge, lasciando migliaia di animali a languire nelle gabbie. 
Il risultato è paradossale: l’allevamento è vietato, ma 5700 animali soffrono ancora negli stabilimenti, mentre alcuni, quantomeno, avrebbero già potuto essere trasferiti in strutture specializzate nella detenzione di animali selvatici, nel rispetto, allo stesso tempo, delle loro esigenze etologiche e dei ragionevoli criteri di igiene e biosicurezza.


In questi mesi le organizzazioni  hanno fatto il possibile per richiamare i ministri alle loro responsabilità: hanno chiesto l’istituzione di una consulta tra tutte le parti interessate alla attuazione della normativa, hanno dato disponibilità all’accoglimento di alcuni animali in base a precisi protocolli, hanno fatto presentare Interrogazioni parlamentari, hanno incontrato il 6 maggio Ministro Patuanelli e, da ultimo, hanno fornito una proposta di requisiti minimi strutturali e gestionali per la detenzione dei visoni in strutture diverse da quelle con finalità commerciali.


“Spiace constatare che, dopo uno straordinario risultato come il divieto di allevare animali per ricavarne pellicce, ottenuto con anni di campagne delle associazioni e dei cittadini italiani e grazie all’impegno dello stesso governo Draghi (che fece proprio inserendolo nel maxiemendamento approvato il 24 dicembre al Senato, proposto dall’On. Michela Vittoria Brambilla e presentato dalla Sen. Loredana De Petris), il Ministro Patuanelli non abbia portato a termine il lavoro entro la scadenza prevista, lasciando gli animali a soffrire nelle gabbie”.


Il divieto di allevamento di animali destinati alla produzione di pellicce è un traguardo storico, che eviterà, stando ai dati dell’ultimo ciclo produttivo negli allevamenti italiani (2019), lo sfruttamento di 60.000 visoni l’anno.  I visoni rimasti sono 5.736 (dato aggiornato a maggio) e sono stabulati tra Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo.
Si tratta di animali riproduttori, ossia quelli che nel 2021 avrebbero dovuto avviare un nuovo ciclo produttivo che però era stato fermato dalle misure anti-Covid del ministero della Salute, poiché il concentramento di migliaia di visoni in allevamenti intensivi costituisce notoriamente un potenziale serbatoio per la diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 e soprattutto di sue nuove varianti. Tra il 2020 e il 2021 sono stati accertati due focolai in allevamenti italiani di visoni.


Negli anni 2021 e 2022, il divieto di riproduzione dei visoni disposto prima con Ordinanza del Ministro della Salute e poi diventato divieto permanente di allevamento per legge, ha già evitato la nascita e l’uccisione di non meno di 120.000 animali

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