LAV: Pubblica una nuovaRicerca Crimini sugli Animali a cura di Ciro Troiano

Picchiati, maltrattati, uccisi nei modi più diversi: un’antologia della violenza, che a volte diventa orrore, commessa ai danni degli animali, quella che emerge dalla ricerca “Preso dal nervoso, gli ho sparato” svolta da Ciro Troiano, criminologo e responsabile Osservatorio Nazionale Zoomafia LAV.
La ricerca si basa sullo studio e l’analisi di 342 casi con 500 persone indagate o condannate per reati contro gli animali. L’impatto della violenza contro gli animali è devastante: un rapporto tra aggressore e vittima di 1 a 20. Per 500 offender, 10240 le vittime
. Di contro le condanne, laddove sopraggiungono, sono irrisorie e per nulla persuasive. Analizzando un campione di 85 sentenze si evince che per 1962 animali maltrattati, o, addirittura, torturati e uccisi, si contano 347 mesi, tra reclusione e arresto, e 264.650 euro, tra multa e ammenda: 5 giorni e poco meno di 135 euro ad animale. Numerosi i casi di sospensione della pena e della non menzione. In pratica, poco più che una lavata di testa.

Ciro Troiano

In Italia vengono aperti circa 25 fascicoli al giorno, uno ogni 58 minuti, con circa 14 indagati al giorno, uno ogni 103 minuti, per reati a danno di animali. Si registra a livello nazionale un tasso di 15,25 procedimenti e di 8,72 indagati ogni 100.000 abitanti. Eppure, raramente nei procedimenti la vittima animale ha l’attenzione che si merita. In alcuni casi non viene neanche riportato l’elenco degli individui maltrattati, preferendo l’utilizzo di fredde quanto spersonalizzanti locuzioni: “ingente numero”, “numerosi animali”. Addirittura, come nel caso dei pesci, vengono indicati in peso.
Dietro quel peso, quell’ingente numero, c’è la sofferenza di esseri senzienti, di individui brutalizzati nella loro integrità psicofisica, privati dei loro interessi individuali e di specie, mortificati nella loro capacità di “sentire sé stessi”, di “rappresentarsi” e di rapportarsi con ciò che li circonda.

“Questo lavoro, che non ha la pretesa di essere esaustivo né di rappresentare la completa realtà del maltrattamento nelle sue articolate manifestazioni, apre una breccia in un fenomeno poco conosciuto di cui si parla – spesso a sproposito – solo quando qualche fatto di cronaca suscita l’attenzione dei media e della gente – afferma Ciro Troiano. – Ma condannare un crimine non significa conoscerlo. Per combattere un fenomeno criminale, si sa, occorre conoscerlo per attuare le strategie di prevenzione e di contrasto necessarie”.

I reati presi in esame sono quelli previsti dal nostro ordinamento per la tutela penale degli animali: uccisione di animali (art. 544 bis cp); maltrattamento di animali (art. 544 ter cp); spettacoli e manifestazioni vietati (art. 544 quater cp); organizzazione di combattimenti e competizioni non autorizzate tra animali (art. 544 quinquies cp); uccisione di animali altrui (art. 638 cp); abbandono e detenzione incompatibile di animali (art. 727 cp); reati venatori (art. 30 L. 157/92) e traffico illecito di animali da compagnia (art. 4 L. 201/10).

Emerge chiaramente, a conferma di un dato da tempo acquisito nella letteratura scientifica, che la stragrande maggioranza degli offender dei crimini contro gli animali è maschio: 422 su 500, pari all’84,4% del totale, a fronte del 15,6% delle femmine. Il risultato è in linea con recenti altri studi analoghi. La fascia più rappresentata è quella che va dai 36 a 40 anni, con 62 persone, seguita da quella 41/45, con 60 persone. I minorenni esaminati rappresentano il 2,8% degli offender.

Scorrendo l’elenco dei 48 modi e strumenti, la stragrande maggioranza dei mezzi utilizzati è alla portata di ognuno di noi, facilmente reperibile o utilizzabile da tutti, come pietre, bastoni, forbici, coltelli, catene, martelli, picconi, corde, spranghe, tenaglie ecc. Altri strumenti e armi, invece, come fucili e pistole, sono nelle disponibilità di pochi, altri ancora, di determinate categorie, come pungoli elettrici e pistole a proiettile captivo.

Nell’analisi dei crimini stabilire il rapporto offender – vittima è di fondamentale importanza. Il rapporto “amicale o familiare” (rapporto significativo tra offender e vittima, con una forte e fondamentale partecipazione emotiva, basato su un legame affettivo) conta 85 casi, pari al 24,85% del totale, con il coinvolgimento di 99 persone. Il rapporto commerciale (animali oggetto di compravendita sia legale che illegale), conta 91 casi, il 26,60% del totale, con 164 persone. Custodia o cura, invece, conta 10 casi, il 2,92%, con 15 persone, il 3%, mentre il rapporto “domestico- strumentale” (che coinvolge animali allevati a livello domestico a scopo alimentare, o tenuti per guardiania, per fini “ornamentali”, per “passione”, o per attività illegali) annovera 77 casi, con 118 persone, il 23,60%. Il rapporto “lavorativo” (rapporto con gli animali basato esclusivamente su attività legate al lavoro, includendo anche animali usati in spettacoli e manifestazioni) conta 10 casi, il 2,92%, con 13 persone. È un rapporto di tipo “occasionale” (violenza improvvisa e immotivata verso animali con i quali non si ha alcun rapporto) quello riscontrato in 60 casi, il 17,54%, con 82 persone coinvolte. Infine, il rapporto di “vicinato” (animali di famiglie che vivono vicine all’offender, e che diventano vittime delle tipiche controversie che si generano in tali contesti): 9 casi, il 2,63%, con il coinvolgimento di 9 persone.

I casi esaminati riguardano “Uccisione violenta, con crudeltà di animali”, “Uccisione con veleno”, “Tentativo di uccisione”, “Percosse ad animali”, “Maltrattamento o detenzione incompatibile”, “Macellazione clandestina”, “Maltrattamento, uccisione o detenzione incompatibile in ambito di bracconaggio”, “Abbandono di animali”, “Detenzione illegale di specie protette”, “Zooerastia”, “Corse clandestine di cavalli”, “Combattimenti tra animali”, “Accumulo” e ancora altre forme di maltrattamento.

“La normativa di riferimento, soprattutto negli aspetti sanzionatori, risulta del tutto inadeguata a contrastare un fenomeno criminale così diffuso – continua Troiano. – Purtroppo, è evidente che, nonostante alcuni casi di maltrattamento incontrino grande eco, questi crimini – e, di conseguenza, i loro agenti – sono tollerati in modo più indulgente dalla legislazione e dalla società in confronto ad altre trasgressioni, in netta coerenza con la prospettiva antropocentrica. Più che pena giusta, ovvero adeguata all’offesa e idonea a risarcire il danno arrecato, scorrendo le condanne delle sentenze, laddove ci sono, si ha la sensazione di trovarsi alla presenza di meri scappellotti giuridici, di poco più di un ammonimento, di una pena meramente formale. In questo contesto, appare ancora più impellente la necessità di rinnovare il nostro apparato giuridico. Non sono rinviabili ulteriormente le modifiche alla normativa vigente, non solo sotto l’aspetto sanzionatorio, ma più in generale dell’intero sistema di prevenzione e di tutela penale degli animali. È un dovere garantire giustizia, con una pena giusta e proporzionata, alle vittime. A qualsiasi vittima, di qualsiasi specie”, conclude Troiano.

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