Cani vaganti o Sindaco non responsabile.

LOMBARDIA, CANI VAGANTI: LA LAV REPLICA ALLA DOTT.SSA LEVI “I CANI NON SONO DI CHI SE NE PRENDE CURA, COME TUTTI I RANDAGI SONO DEL SINDACO”.
BENE SINERGIA TRA LE ISTITUZIONI PER CONTRASTARE IL FENOMENO

La drammatica morte del pensionato avvenuta nei giorni scorsi a Milano rende senza dubbio necessaria una sinergia di attività fra le varie istituzioni per arrivare a debellare il fenomeno dei cani vaganti, come annunciava ieri pomeriggio all’Asl di Milano da Claudio Monaci, direttore del Dipartimento di prevenzione veterinario.
Tuttavia la LAV non condivide né l’appello né l’interpretazione dello status giuridico dei cani vaganti, esposti dalla dott.ssa Diana Levi, direttore del Servizio veterinario dell’Asl di Milano, che invita a non dare da mangiare a tali cani e afferma che “chi alimenta cani vaganti diviene detentore oltre che responsabile di questi animali”.
“L’ipotesi sostenuta dalla dott.ssa Levi è fuorviante e crea inutile allarmismo: i cani vaganti se nati sul territorio e non afferibili a un proprietario, sono semplicemente dei randagi cui qualcuno provvede e non diventano automaticamente “di proprietà” per la ragione di essere accuditi e alimentati, ma in qualità di animali senza un proprietario, in base al Codice Civile, sono e rimangono del Sindaco, il cittadino, pertanto, non ne diventa il detentore solo per il fatto di prendersene cura. – dichiara Ilaria Innocenti del settore Cani e Gatti della LAV, che prosegue – Sono numerose le Leggi e le Ordinanze Ministeriali che pongono in capo ai Comuni la responsabilità degli animali vaganti sul proprio territorio. Ci domandiamo, quindi, su quali basi la dott.ssa Levi abbia formulato questa teoria che rischia di creare grande confusione e di spostare l’asse delle responsabilità verso coloro che semplicemente alimentano questi animali”.
Sebbene sul punto la normativa sia chiara e non esistano precedenti giurisprudenziali che attribuiscano la proprietà dei cani randagi a coloro che se ne prendono cura, sono sempre più frequenti le voci che sostengono che alimentando i randagi se ne diventi il detentore, e ciò non solo a proposito dei cani randagi, ma anche delle colonie feline.
“Questo non è ammissibile – aggiunge l’avvocato Marianna Sala della LAV Milano – per quanto riguarda i cani, è sufficiente ricordare a tal proposito l’Ordinanza contingibile e urgente concernente misure per l’identificazione e la registrazione della popolazione canina, del 6 agosto 2008 e reiterata nel 2010, che stabilisce come i Comuni siano tenuti a identificare e registrare in anagrafe canina i cani rinvenuti o catturati sul territorio e quelli ospitati nei rifugi e nelle strutture di ricovero convenzionate”.

“Invitiamo pertanto la dottoressa Levi a riflettere sulla pericolosità di simili interpretazione anche perché pericolosa proprio per la tutela dell’incolumità pubblica che si vuole e si deve tutelare. Gli animali se non curati, alimentati e socializzati corrono il rischio di sviluppare diffidenza nei confronti delle persone e persino comportamenti antisociali con conseguenze pericolose anche per l’uomo”, conclude l’avvocato Sala.

Sul tema dell’alimentazione ai cani randagi si è espresso, peraltro, anche il TAR della Puglia che riconosce – a ragione – come il divieto si somministrare cibo possa incidere sulle condizioni di sopravvivenza degli animali, e come “la mancanza di cibo può comportare un peggioramento delle condizioni degli animali, tale da determinare una perdita dell’abitudine del contatto con le persone ed una contestuale, specie con riferimento ai cani randagi, predisposizione ad aggregarsi in branco creando così un reale pericolo per la cittadinanza”.

6.03.2012
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