25 Cats Name Sam, and One Blue Pussy, di Andy Warhol in mostra al WOW Museo del Fumetto di Milano

In occasione dell’edizione 2022 de La Città dei Gatti all’interno della mostra “Il Gatto con gli Stivali” al WOW Museo del Fumetto di Milano, è esposta parte di 25 Cats Name Sam, and One Blue Pussy, una delle tante, bizzarre opere di Andy Warhol.

Icona artistica del XX secolo, ”padre” della POP ART, di Andy Warhol si conosce davvero tutto……
Ma forse non sapete che, nel 1954 viene pubblicato, 25 Cats Name Sam, and One Blue Pussy ovvero 25 GATTI “CHIAMA” SAM E UNO BLU PUSSY, una serie di litografie colorate a inchiostro a mano dall’artista.
La parte didascalica dell’opera é della madre Julia Warhola, che commise un piccolo errore ortografico (manca la D, nello scritto originale e da qui il chiama invece di chiamati) Andy decise di non correggerlo dal momento che dava un’aria più artigianale all’opera.
In realtà le litografie sono 16, il titolo infatti fa riferimento ai felini che vivevano con loro, tra gli anni 50/60 a Carnagie Hill Townhouse, tutti chiamati Sam appunto a parte uno di nome Hester.
Uno dei più grandi impegni per la coppia madre/figlio era trovare una sistemazione per tutti i cuccioli che nascevano!!
Furono 190 le copie che vennero realizzate di questa inconsueta opera, per la maggior parte regalate dall’artista a scopo di auto promozione.


Lasciamo l’argomento gatti e facciamo un salto veloce in avanti, fino agli anni 70.
Siamo a New York, la Factory ha cambiato indirizzo, nuove frontiere artistiche (film,musica) molte committenze famose, esposizioni in giro per il mondo.
Il compagno di allora, Jed Johnson, regala ad Andy un bassotto a pelo raso di nome Archie, che diventa subito la sua nuova passione e la sua nuova dipendenza, non se ne separa mai.
Lo porta sempre con se, e il cane sembra apprezzare la compagnia dei “bizzarri” umani che fanno parte della scena artistica di cui Warhol é stato il fondatore. 

Nascosto da un tovagliolo sulle ginocchia nei ristoranti chic della grande mela, per non essere visto dai camerieri, Archie mangia dalle mani di Warhol. Talmente in simbiosi con lui da essere “usato” come espediente per sopperire alla propria timidezza, durante le conferenze stampa se una domanda lo infastidiva esordiva con un laconico  ” A questa domanda risponderà Archie”.
L’affetto per il bassotto era talmente forte da spingerlo a rinunciare a un’importantissimo evento mondano a Londra, come si legge nei suoi diari “Il pensiero di separarmi da Archie per la quarantena, mi ha fatto disdire il viaggio”
Dopo un paio d’anni, la “famiglia” Warhol si espande, ed arriva un secondo bassotto di nome Amos.
Meno mondano del suo predecessore, ma tra i due si instaura subito un bellissimo rapporto.
Andy é contento che loro si possano tenere compagnia!
Mossa astuta quella di immortalare su tela i suoi adorati cani, da quel momento iniziarono a piovere le richieste dei facoltosi clienti/collezionisti che come lui amavano gli animali.
Il primo cliente fu’ GINGER il COCKER del magnate dell’editoria Peter Brant.

Va fatto notare che l’amore di Warhol per gli animali é percepibile nelle scelte cromatiche, nelle sovrapposizioni dei contorni, nei dettagli aggiunti con piccoli tocchi, quasi a sottolineare la personalità e il carattere di ogni singola creatura.
Negli ultimi anni della sua vita, nel suo appartamento su 5 piani, tra oggetti d’antiquariato, scatole di parrucche, di scarpe femminili ed una gigantesca collezione di vasi porta biscotti, le uniche presenze che gli fecero compagnia furono proprio ARCHIE e AMOS.
(Paolo Panigalli)

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