Per Radiobau; Cristina Buraschi di Equology ;
Ieri è stata una giornata molto triste per la fauna selvatica della Darsena e per tutti i cittadini e le associazioni che hanno cercato di proteggerla sino all’ultimo. Sono arrivate le ruspe e le motoseghe dell’AMSA, incaricata dal Comune di Milano di fare piazza pulita.
Questo nonostante l’impegno da parte delle associazioni per trovare insieme all’amministrazione milanese una soluzione che permettesse di procedere con la realizzazione del progetto di riqualificazione dell’area senza distruggere quella piccola e preziosa isola.
Un’isola ricca di biodiversità fatta di piante e animali selvatici che erano l’orgoglio di molti milanesi e che era nata spontaneamente su una sottile striscia di terra abbandonata da quasi dieci anni, dopo lo stop ai lavori per la costruzione del maxi parcheggio.
Una piccola e vulnerabile isola che, nei sogni di quelle persone che credono in una città più a misura d’uomo e più rispettosa della natura e degli “altri” esseri viventi, sarebbe potuta diventare un gioiello di cui avrebbero potuto godere grandi e piccini.
Quei piccini che, per vedere un uccello o una pianta selvatici, devono sperare in qualche gita “fuori porta”.
Ne parliamo con Paola Verganti della LAC Lega Abolizione Caccia.
C.B.- LAC è stata una delle associazioni che si è battuta molto per preservare l’oasi della Darsena. Quali sono state le richieste fatte al Comune e perché, a tuo parere, non sono state prese in considerazione?
P.V – Le associazioni sono state informate di come sarebbe cambiata la Darsena in vista dell’Expo 2015 solo lo scorso ottobre, quando ormai il progetto aveva già avuto il via libera da tutte le istituzioni cittadine, Sovrintendenza in primis.
A quel punto, le possibilità di cambiare qualcosa in corso d’opera erano veramente poche, ma abbiamo comunque presentato alcuni progetti che avrebbero potuto rappresentare molto per gli animali selvatici che si erano stabiliti nella Darsena, senza modificare nella sostanza il progetto ufficiale. Si trattava solo di un po’ di disponibilità da parte del Comune e della società Expo, disponibilità che non c’è stata.
Il progetto di Darsena Pioniera prevedeva il mantenimento di una stretta striscia di terra lungo tutta la sponda di Viale Gorizia (circa 150 mt x5) separata dalla terra ferma da un paio di metri d’acqua che avrebbero permesso agli uccelli di stabilirsi sull’isola relativamente poco disturbati dalla navigazione nel resto del bacino. Le essenze arboree nate spontaneamente in questi anni di abbandono avrebbero potuto essere quindi mantenute in parte, per garantire la sopravvivenza della ricca biodiversità che si era creata in Darsena.
Altri progetti, presentati anche dalla nostra associazione, prevedevano poi la non navigabilità dello specchio d’acqua dell’ultimo tratto della Darsena, quello verso piazza Cantore, con un piccolo spazio verde creato utilizzando lo stesso terreno che attualmente costituisce l’oasi della Darsena e sul quale sarebbero state trapiantate parte delle essenza attualmente presenti, per garantirne la sopravvivenza. Lo spazio verde avrebbe dovuto essere protetto dall’accesso diretto del pubblico, che avrebbe comunque potuto godere dello spettacolo dell’avifauna da camminamenti esterni, lungo il perimetro del bacino.
Di questi progetti forse si potrà ancora parlare, il Comune ha dimostrato una qualche disponibilità.
Le proposte delle associazioni, a mio parere, non sono state prese in considerazione perché rimettevano in discussione un faticoso iter burocratico già concluso, in un momento in cui i lavori per l’Expo sono in forte ritardo.
I diritti degli animali e delle piante quindi sono passati facilmente in secondo piano, per usare un eufemismo.
C.B.- Quali uccelli popolavano l’oasi?
P.V.- Sono stati fatti censimenti dell’avifauna in questi anni, e sono state avvistate almeno 60 specie di uccelli nidificanti in questo spazio creatosi spontaneamente. E’ importante puntualizzare questo, perché è la dimostrazione che se lasciamo fare alla Natura nel giro di pochi anni anche terreni degradati possono tornare ad essere ricchi di vita. Fra gli uccelli più interessanti sono stati avvistati il forapaglie castagnolo (specie minacciata a livello europeo), parecchie cannaiole, il porciglione, l’usignolo di fiume, e addirittura, d’inverno, il merlo acquaiolo. Ma tutti i milanesi hanno potuto ammirare la vita degli aironi, delle gallinelle d’acqua, dei germani che ogni anno che passava si stabilivano nella Darsena sempre più a loro agio.
C.B.-Se non erro, questo oltretutto è un periodo delicato per loro ….
P.V.-Siamo in pieno inverno, gli uccelli fanno fatica a trovare da mangiare, devono combattere con il gelo e sloggiarli adesso non gli facilita certo la vita…
C.B.-Oltre agli uccelli, quali altri animali avevano trovato casa in questa piccola area?
Abbiamo trovato ricci, rospi smeraldini, tritoni, che in questo periodo sono in letargo infossati nel terreno, e che sicuramente verranno travolti dalle ruspe. Di queste vite di cui viene fatta strage il Comune è responsabile e stiamo valutando una denuncia.
C.B.-Una vicenda che colpisce non solo gli animali e le piante rare ma tutti noi, il nostro diritto ad essere ascoltati e i nostri sentimenti. Cosa avrebbe potuto rappresentare l’oasi per i cittadini se fosse stata risparmiata?
P.V.-La questione dell’informazione ai cittadini e dell’effettiva possibilità dei cittadini di essere ascoltati è stato uno dei punti di cui si è parlato di più nel corso delle assemblee degli ultimi giorni. Semplicemente, i cittadini non sono stati informati e non hanno potuto far parte del processo decisionale di questo progetto molto discutibile.
In particolare, il Comune non ha spiegato a che tipo di imbarcazioni sarà permessa la navigazione in Darsena, che tipo di approdi ci saranno, quale sarà l’impatto sulle sponde della Darsena e dei Navigli, in questo sistema così antico e così fragile. I dubbi sono molti e c’è la sensazione che la fretta di finire i lavori per il 2015 abbia fatto tralasciare considerazioni importanti che si potrebbero poi rivolgere contro tutti i cittadini.
C.B.-Palazzo Marino ha dichiarato che sull’area sorgerà un giardino di oltre 2000 mq. Se la promessa verrà mantenuta, pensi che gli animali sfrattati potranno tornare e, se si, in quanto tempo?
P.V.-Si tratta di quei progetti di rinaturalizzazione di cui si parlava prima. Secondo noi, se il “giardino” ipotizzato dal comune sarà un giardinetto pubblico con erba rasata, cespugli ornamentali e presenza di pubblico, non ci sarà alcuna possibilità per gli animali di tornarci. Gli animali hanno bisogno di non essere disturbati né dalla gente né da interventi di manutenzione della Parchi e Giardini.
C.B.La fauna selvatica è continuamente vessata sia in città sia nelle campagne. Quali sono le principali minacce che rendono le specie selvatiche sempre più vulnerabili?
P.V. – Di questo si potrebbe parlare per ore. Ci possiamo limitare a citare la sempre più pesante antropizzazione del territorio, con tutte le conseguenze del caso (cementificazione, pesticidi, sfruttamento dissennato delle campagne), e naturalmente la caccia.
C.B.-Cosa può fare ognuno di noi per dare un contributo concreto al fine di tutelare e aiutare questi splendidi ma fragili animali?
P.V.-In due parole, imparare a rispettarli.
Grazie Paola e speriamo che sempre più persone prendano coscienza dell’importanza che la natura ha per tutti noi e come sia doveroso tutelarla il più possibile per consegnarla alla generazioni future nel miglior modo possibile. (Cristina Buraschi di Equology)