Il vero volto de “La Bella e la Bestia”

“Chi potrebbe mai amare una bestia?”

Questa celebre frase ci riporta immediatamente alla “Belle et la Bete”  la toccante favola in cui vince l’amore del cuore e non degli occhi.
Molto nota la versione di Walt Disney, diversa da quella originale perché arricchita da tre elementi aggiunti: la rosa magica, gli oggetti che parlano e prendono vita e Gaston il bel vanitoso che tenta di uccidere la Bestia. Forse inseriti per rendere la storia più avvincente e soprattutto meno simile a Cenerentola, considerato che nella favola originale Bella ha due sorelle invidiose e vanitose e un padre che torna da lontano preoccupato di portare dei regali.
Anche il nome dopotutto è uguale, Cenerentola è Ella, mentre la fanciulla è Bella.

E se Ella chiede al padre di portarle al ritorno dal viaggio un ramoscello, Bella chiede una rosa, che l’uomo trova nel giardino di un castello in cui si rifugia, costituendo l’inizio della sua sventura. La Bestia infatti, accusandolo di furto cerca di ucciderlo, mostrando subito la sua indole iraconda, ma si ferma non appena l’uomo gli racconta il motivo di quel gesto.
La rosa è per la sua giovane figlia, desiderosa di averne una.
Non è un caso infatti che Bella abbia chiesto proprio una rosa, simbolo di purezza e verginità in stato di bocciolo, ma di maturazione sessuale e femminilità come fiore completo.
E’ infatti il fiore dell’amore, della femminilità e della conquista della propria amata.
Insomma è come se, con quella richiesta, Bella abbia espresso al padre il desiderio maritarsi.

La Bestia risparmia la vita dell’uomo ma chiede in cambio la figlia. L’uomo fugge, torna a casa e racconta spaventato la vicenda.
A nulla servono le suppliche, Bella per salvare il padre si sacrifica e va a vivere con la Bestia che, seppur orribile a vedersi, si comporta in modo gentile, dividendo ogni sua ricchezza e chiedendole di sposarlo, richiesta che Bella rifiuta … ogni sera.

Ma sarebbe possibile un matrimonio tra una donna e una bestia?
Certo, lo sposalizio tra animali feroci e donne umane non è cosa tanto assurda, ma presente nel mondo in molte tradizioni antiche.
Ad esempio nelle Americhe si crede che l’uomo rosso sia nato dall’unione tra un grizzly e una donna allevata e vissuta tra gli orsi.
La Bestia possiede enormi corna, che richiama per l’appunto antiche divinità cornute, come il Cernunnos o il signore degli animali, padroni del ciclo della natura e degli istinti primordiali.

La Bestia regala a Belle uno specchio magico attraverso cui può vedere il padre ogni volta che lo desidera.
Fin dall’antichità lo specchio non è mai stato considerato solo come oggetto di vanità, ma ha sempre avuto una valenza sacra e magica. E’ un oggetto affascinante, misterioso, molti artisti lo hanno utilizzato per rappresentare l’entrata in un mondo surreale e parallelo al nostro. Romperlo porta sfortuna perché danneggia le anime al suo interno.

Il fatto che Belle guardasse la sua realtà attraverso lo specchio richiama la forte possibilità che si trovi in un mondo etereo, dal cui castello giunge a casa quasi istantaneamente come se si risvegliasse da un sogno. Belle dopo aver visto il padre ammalarsi chiede alla Bestia di lasciarla andare e lui la libera dalla promessa dicendole che se non fosse tornata entro 7 giorni, sarebbe morto di tristezza.
Belle si sveglia in camera sua, come da un sogno, con ancora indosso gli abiti sontuosi del castello, motivo che suscita grande invidia alle sorelle.
Infatti nella favola originale non c’è Gaston, ma sono le sue sorelle a impedirle di tornare dal suo amato.
Il fatto di voler distruggere il sogno d’amore ricorda moltissimo l’antico mito di Amore e Psiche, in cui le sorelle invidiose di Psiche fanno rompere il patto con Eros. Bella quando comprende l’inganno, torna di corsa al castello mentre la bestia sta esalando l’ultimo respiro, ma il suo desiderio di sposarlo, spezzerà l’incantesimo che una strega gli aveva fatto, trasformandolo nel bellissimo principe che era.
Le sorelle pietrificate dalla scena diventeranno per l’appunto delle statue.


La favola nel complesso richiama “la principessa e il ranocchio” perché avviene un’identica trasformazione di qualcosa di aberrante in un bellissimo principe. Un’ennesima vicenda come “specchio della società dell’epoca”, in cui giovani fanciulle per salvare la famiglia a volte dovevano sposare uomini più grandi di loro, che potevano sembrargli orribili mostri.
Uomini che col tempo avrebbero imparato ad amare, trasformandoli così in principi.

Ma diversamente dal rospo, questa volta emerge qualcosa di molto più profondo, ovvero il sacrificio. E’ la bestia a sacrificare se stesso in nome di un bene più grande, è lui che si annulla e si auto immola per la felicità della sua amata.
Solo così viene distrutta la parte bestiale (egoismo, ira, possessione) in forza di quella spirituale (amore).

Ma c’è qualcosa di più, sembra che la favola sia stata ispirata da una vicenda realmente accaduta. Nel 1573 in Italia avvenne il matrimonio tra la bellissima Catherine, damigella d’onore della regina Caterina de’ Medici e Petrus Gonsalvus, un uomo affetto da ipertricosi, una malattia che riempie l’intero corpo di peli. Nonostante nell’aspetto fosse animalesco, era colto e molto intelligente e pare che Caterina si fosse realmente innamorata di lui, in quanto ebbero ben 6 figli.
Un bellissimo insegnamento che ci arriva da un fatto reale, sentimenti che diamo per scontati, ma ahimè troppo spesso dimenticati.

E dunque “Chi potrebbe non amare una bestia” se come presupposto c’è l’amore?  (IsaBella Dalla Vecchia)

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