Covid e visoni: il ministro Speranza dispone divieto d’allevamento fino al 31 dicembre 2021.

Covid e visoni: il ministro Speranza dispone divieto d'allevamento fino al 31 dicembre 2021.

LAV: ACCOLTE PARZIALMENTE LE RICHIESTE DELLA LAV, COSI’ SALTA LA PRODUZIONE 2021 E SI SONO SALVATI 35.000 VISONI CHE NON NASCERANNO PER DIVENTARE PELLICCE. NOSTRO OBIETTIVO RIMANE ALLINEARE L’ITALIA AD ALTRI STATI CHE HANNO GIA’ VIETATO QUESTI ALLEVAMENTI SIA PER MOTIVI MORALI CHE SANITARI.

“L’interruzione delle riproduzioni dei visoni è una decisione positiva che va ad accogliere parzialmente le richieste della LAV che da sempre, e a maggiore ragione durante la pandemia di coronavirus e visti i casi di diffusione negli allevamenti che per primi abbiamo denunciato mesi fa, continua a chiedere il divieto permanente dell’allevamento di animali per la produzione di pellicceGrazie alle nostre pressioni, supportate dalla maggioranza degli italiani, abbiamo risparmiato enormi sofferenze a migliaia di animali, 35.000 solo quest’anno, e continueremo a batterci per fare diventare questo divieto definitivo. Continueremo a lottare per allineare l’Italia agli altri Paesi europei che, anche in epoca pre-Covid19, hanno messo al bando questi allevamenti sulla base di motivazioni etiche e scientifiche, viste le palesi gravi privazioni a cui sono sottoposti gli animali”.

Così Simone Pavesi, Responsabile LAV Area Moda Animal Free, commenta l’annuncio del rinnovo fino al 31 dicembre prossimo della sospensione dell’attività di allevamento dei visoni con l’Ordinanza del Ministro della Salute Roberto Speranza che, emanata nel novembre scorso, sarebbe scaduta fra due giorni.

La decisione è stata giustamente assunta come misura precauzionale al fine di evitare ulteriori rischi di diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 tra i visoni allevati per la produzione di pellicce e, quindi, come misura anti-Covid19 a tutela della salute pubblica. Studiosi come i professori Crisanti, Pregliasco e Decaro avevano sottoscritto nei giorni scorsi un documento tecnico e un appello diffuso dalla LAV.
Nei 6 allevamenti ancora presenti in Italia resteranno dunque i soli riproduttori (indicativamente 7.000 visoni), che non potranno essere utilizzati per l’avvio del nuovo ciclo produttivo; è stato così bloccata, per la prima volta in Italia, la fase degli accoppiamenti prevista nel mese di marzo e che, tra aprile e maggio, avrebbe comportato la nascita di circa 35.000 cuccioli di visone poi destinati ad essere uccisi per diventare pellicce, dopo 8-9 mesi di prigionia nelle minuscole gabbie di rete metallica di questi allevamenti intensivi.

Ad oggi, tra gli allevamenti italiani, risultano esserci stati almeno 2 focolai: il primo lo scorso anno nell’allevamento di Capralba (Cremona) e che ha comportato l’abbattimento di tutti gli oltre 26.000 visoni (riproduttori compresi), il secondo è stato rilevato a gennaio nell’allevamento di Villa del Conte (PD) e attualmente sotto sequestro per ulteriori accertamenti (nonostante siano già state rilevate positività negli animali sia a test virologici che sierologici). Un allevamento, a Scorzè (Venezia) ha cessato l’attività a gennaio, dunque risultano ancora in attività 6 allevamenti di cui 2 in Lombardia (Calvagese della Riviera, Brescia, e Capergnanica, Cremona), 2 in Emilia Romagna (Galeata in provincia di Forli Cesena e Ravenna), 1 in Veneto (Villa del Conte, Padova), 1 in Abruzzo (Castel di Sangro, L’Aquila).

Nei 6 allevamenti dove sono stabulati non meno di 7.000 visoni riproduttori dovranno essere implementate rigorose misure di biosicurezza e sorveglianza diagnostica al fine di evitare l’introduzione del coronavirus e la formazione di serbatoi. L’attuale “Protocollo Visoni” (Circolare Ministeriale m.27663 del 21 dicembre 2020) consiste in 60 test virologici (tamponi oro-faringei) ogni 15 giorni in ogni allevamento; dato il costo di 26,59 euro a tampone (dato acquisito dalla LAV tramite l’IZS della Lombardia ed Emilia Romagna), il monitoraggio non costerà meno di 20.000 euro al mese (ammontare a cui aggiungere i costi di eventuali ulteriori accertamenti, anche con test sierologici, in caso di esiti positivi). Ovvero, per il 2021, la sorveglianza di 6 allevamenti di visoni costerà alla Sanità Pubblica circa 250.000 euro.

Se invece il Ministro della Salute dovesse implementare lo screening raccomandato dall’Autorità europea, l’EFSA, nella recente Valutazione del Rischio pubblicata il 18 febbraio, e che consiste nello svolgimento di test diagnostici in non meno del 5% dei visoni presenti in ogni allevamento e con frequenza settimanale, i costi del monitoraggio andrebbero a raddoppiarsi.

L’attuazione di misure di sorveglianza per gli allevamenti di visoni è estremamente costosa ed è assurdo che il costo dei tamponi ai visoni gravi sulle casse della Sanità Pubblica. Chi alleva visoni per farne pellicce, oltre ad assumersi la responsabilità di non introdurre il coronavirus in questi allevamenti, deve anche farsi carico dei costi per il monitoraggio diagnostico” conclude Pavesi.

  • Divieti agli allevamenti di animali per la produzione di pellicce in area europea

Tra divieti vigenti o già approvati che entreranno in vigore a breve in Europa, molti stati hanno già messo al bando gli allevamenti di animali “da pelliccia”: Regno Unito (dal 2000), Svizzera (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Repubblica di Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Germania (2022), Belgio (2023), Norvegia (2025); Bosnia ed Erzegovina (2029).

Durante l’epidemia di coronavirus l’Olanda ha anticipato a gennaio 2021 il divieto precedentemente fissato al 2024; la Svezia e la Danimarca hanno sospeso l’allevamento di visoni per tutto il 2021, mentre l’Ungheria, che non ha mai avuto allevamenti di visoni, ha disposto il divieto di importazione di visoni come misura preventiva contro la possibile delocalizzazione di allevamenti da altri paesi. La Francia ha disposto il divieto dal 2026.

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