BLOCCO DEL MATTATOIO DI TORINO: 100 attivisti entrano all’interno

100 attivisti antispecisti:
italiani, francesi, belgi e svizzeri
hanno bloccato il mattatoio di Torino
incatenati nel “corridoio della morte”
in cui gli animali vengono spinti prima di essere uccisi

 

«Noi attivisti antispecisti venuti da tutta Europa (Belgio, Francia, Italia, Svizzera), blocchiamo il macello di Torino dalle ore 2 di mattina circa di lunedì 28 gennaio 2019. Siamo incatenati lungo il “corridoio della morte ” in cui gli animali vengono spinti prima di essere uccisi. Il nostro obiettivo: impediamo, con i nostri corpi come ‘arma’, il massacro degli animali e facciamo co-resistenza con loro. Gli animali vogliono vivere, non essere uccisi in condizioni migliori!
Non è una semplice azione militante, ma un forte gesto politico, una vasta operazione di disobbedienza civile che coinvolge 100 attivisti e attiviste, un’azione diretta offensiva e collettiva, che mira direttamente all’industria specista e che mostra la determinazione del nostro movimento ad ottenere il nostro scopo.
Vediamo nel blocco dell’economia specista e nell’annientamento della passività – in cui la militanza animale è rimasta latente per troppo tempo – la scintilla di una nuova strategia di lotta. Intervenendo tra i coltelli e le vittime, la nostra “Liberazione animale” collettiva inventa una pratica della “difesa per gli altri”, e rompe questa linea di divisione specista che fa sì che, corpi degni di essere difesi, vengano invece disarmati e lasciati senza difesa.

Gli animali sono individui a pieno titolo, le nostre società li opprimono e li sfruttano senza alcun bisogno, e i macelli sono un collegamento essenziale e simbolico in questo sistema di oppressione: è qui che abbiamo bisogno di azione. Il confronto è necessario per politicizzare la lotta antispecista, non possiamo più essere soddisfatt* della sensibilizzazione dei consumatori e della sensibilizzazione nelle piazze come unico campo di protesta, abbiamo deciso di opporci concretamente (e non solo simbolicamente) allo sfruttamento degli animali. L’antispecismo è una lotta rivoluzionaria, una giustizia sociale nella quale non ci battiamo per l’avvento di un “capitalismo vegetale” riservato a persone privilegiate, ma per l’EMANCIPAZIONE DI UNA CLASSE SOCIALE OPPRESSA E RESA INVISIBILE.

Rifiutiamo l’apolitismo aperto del movimento animale e il suo autocompiacimento francamente nauseante con le ideologie fasciste o di estrema destra. La nostra lotta antispecista deve prendere in considerazione anche le altre oppressioni e affermare la necessità di combattere tutte le discriminazioni e dominazioni, anche quando si rivolgono agli esseri umani (razzismo, sessismo, xenofobia, ecc.).

Siamo, nonostante noi, eredi del fallimento del movimento di difesa animale che da 30 anni si è dimostrato di un’impressionante inefficienza e la totale assenza di influenza sulla terribile sorte riservata agli animali nelle nostre soietà. Da questo fallimento abbiamo imparato la lezione. I blocchi sono così nati da una verità (il fallimento della strategia di persuasione morale, una strategia collaborazionistica e legalistica), da una constatazione (finché saremo assimililati a persone che si girano solo verso prodotti “vegan” che spesso corrispondono a un mercato di nicchia problematico e privilegiato, l’antispecismo continuerà a essere percepito come un servo del liberalimo e dell’egoismo sfrenato e quindi nessuna alleanza con le altre lotte sarà possibile) e da una riflessione strategica sistemica (finché ci accontenteremo di indirizzare l’opinione pubblica con metodi di contestazione convenzionali e controllati dallo stato saremo inefficaci). La nostra lotta non ha confini.Con il nostro compagno Mathias».

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