Anche se, purtroppo, non si tratta della fine della vivisezione, il nuovo testo ha visto l’inserimento di numerosi punti, rispetto alla Direttiva 2010/63UE, che vincolano il ricorso al modello animale implementando, parallelamente, i metodi alternativi ad esso.
Obiettivi raggiunti grazie al lavoro di molte associazioni animaliste, al supporto dell’opinione pubblica, che nell’oltre 80% dei casi è contraria alla vivisezione (dati Eurispes 2014) e di numerosi ricercatori e medici che hanno detto il loro NO a una scienza inutile, obsoleta e pericolosa per l’uomo.
Il testo approvato dal Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, dopo la battaglia durata mesi sul rispetto dell’articolo 13 della Legge delega n.96 del 2013, rispecchia i principi espressi a livello internazionale che indicano i metodi alternativi come totalmente prioritari rispetto all’uso di animali, definendo quest’ultimi come esseri senzienti.
In Italia non sarà più possibile, per legge:
• allevare cani, gatti e primati da laboratorio (quindi, il famigerato “Green Hill” non potrà riaprire la sua fabbrica di beagle, a prescindere dall’esito del prossimo processo)
• effettuare esperimenti su scimmie antropomorfe (scimpanzè, oranghi, gorilla, gibboni, bonobo)
• effettuare esperimenti per la produzione e il controllo di materiale bellico;
• effettuare esercitazioni su animali per la didattica, ad eccezione dei corsi universitari per la medicina veterinaria. Il divieto si applica anche alle scuole primarie e secondarie
• ostacolare i metodi alternativi e sostitutivi poiché vi sarà un Fondo per il loro sviluppo, pari al 50 per cento del fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;
• riutilizzare animali in esperimenti con livello di dolore grave, a partire dal 1° gennaio 2017;
• ignorare le sanzioni, ora più efficaci, per chi viola le norme minime della legge;
Inoltre, seppure solo dal 1° gennaio 2017 e previo riconoscimento di metodi alternativi, saranno vietati i test di droghe, alcool, tabacco e per trapianti di organi animali. Confermati, invece, i divieti di test su cani e gatti randagi e su animali resi afoni, altrimenti utilizzabili secondo la direttiva europea.
La battaglia degli ultimi mesi ha dimostrato come, nonostante le potentissime lobby vivisettorie, sia possibile e doveroso aprire un varco in quello che fino ad ora è stato un muro invalicabile dove trasparenza e tutela degli animali e dei malati erano concetti non applicati concretamente. Per una volta l’Europa ci guarda con ammirazione!
Per noi si tratta, comunque, di un punto di partenza per nuove battaglie affinché – come per i test a fini cosmetici aboliti da un anno a livello europeo – si cambi effettivamente sistema di ricerca con i metodi sostitutivi già ampiamente praticati all’estero – negli oltre 600 laboratori italiani autorizzati che consumano quasi 900mila animali.
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