OMS al via lo Stop sui Wet Market

Accettata la richiesta lanciata dal 2020 da Animal Equity sull’abolizione dei mercati di animali vivi

Ci è voluto davvero troppo, ma alla speranza non vi è mai fine. E’ così che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) hanno chiesto congiuntamente la sospensione su scala globale della vendita di mammiferi vivi e selvatici nei wet market, a causa dell’alto rischio che rappresentano per la trasmissione di malattie zoonotiche.

Lo stesso Covid-19 infatti, sembra essersi diffuso tramite zoonosi e che sia arrivato all’uomo provenendo da qualche animale selvatico.

«Gli animali, in particolare gli animali selvatici, sono molto probabilmente la fonte di oltre il 70% di tutte le malattie infettive emergenti negli esseri umani, molte delle quali sono causate proprio da nuovi virus» dichiarano insieme OMS, OIE, UNEP.

Il documento chiede anche misure di emergenza temporanee, tra cui «chiudere questi mercati o quelle parti dei mercati in cui vengono tenuti o venduti mammiferi selvatici catturati vivi, per ridurre il potenziale di trasmissione di patogeni zoonotici».

E’ cosa nota infatti che esista il rischio diretto di contagio di malattie-fra cui SARS-CoV-2– mediante contatto con saliva, sangue, urina, muco, feci o altri fluidi corporei nelle aree dei mercati in cui vengono tenuti e macellati animali vivi. 

Inoltre è stato richiesto un miglioramento degli standard di igiene degli stessi mercati, per ridurre il contagio animale-uomo e uomo-uomo.

E’ stata l’organizzazione internazionale Animal Equity a favorire un allineamento da parte di OMS, OIE e UNEP, dopo aver lanciato una petizione globale, che ha ottenuto oltre mezzo milione di firme, creata dopo che l’organizzazione ebbe rilasciato due indagini esclusive sui pericoli dei wet market, con filmati che mostravano le condizioni crudeli e antigeniche nei mercati in India, Vietnam e Cina, tra cui anche il famoso mercato di Wuhan.

Ma la stessa Animal Equity sostiene che tutto ciò non basti a diminuire il rischio di pandemie mondiali e che la strada sia ancora molto lunga: come ha dimostrato l’insorgenza dell’influenza suina (H1N1) e dell’influenza aviaria (H5N1), le condizioni in cui vengono allevati e macellati gli animali tradizionalmente allevati rappresentano una minaccia significativa anche nei wet market e negli allevamenti intensivi.

Per quanto quindi si tratti di misure minimamente incentivanti alla salute dell’uomo e degli animali, il rischio di un continuo commercio illegale di animali selvatici potrebbe non venire mai sospeso, e di conseguenza poco cambierebbe le cose.

Alice Trombetta, direttrice di Animal Equity Italia, afferma a tal proposito: «Animal Equality accoglie con favore le parole dell’OMS, dell’OIE e dell’UNEP per sospendere la vendita di animali selvatici nei mercati di animali vivi e nei wet market. Tuttavia, questo è solo l’inizio. Per garantire che un altro virus causa di una pandemia globale non si ripresenti, chiediamo che le Nazioni Unite raccomandino anche il divieto della vendita di tutti gli animali vivi nei wet market. Fino a quando ciò non accadrà, sia gli animali che le persone rimarranno a rischio».

La strada da farsi quindi è ancora lunga, ma chissà che la sensibilità e la coscienza mondiale non portino a porre fine a questi inutili e barbarici metodi di fare business.

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