Grottammare, i record, gli animali

Grottammare è la città dei record, lo si capisce ogni volta che la stampa indigena innalza i suoi osanna all’Amministrazione che il mondo ci invidia: quindi sempre. Nessun evento che tocchi questo suolo benedetto è mai men che da record (termine privilegiato nel vastissimo vocabolario del giornalismo locale): figuriamoci se la fiera di San Martino fa eccezione.
Così, l’ultimo furgone del santificato mega-market novembrino non ha ancora svoltato l’angolo che i giornalisti da riporto hanno già sfornato, col cornetto del mattino, il loro tedeum: tutto è stato da record, gli stand, le merci, i metriquadri, le onlus, il vino novello, le mangiatorie, gli abballi, il calore animale; gli assessori felici, facciamolo più spesso, facciamolo sempre, famolo strano, come socializza bene la ggente nella città dei record. E la folla? Oceanica, va da sé. Trentamila visitatori, narrano le forbite penne in estasi: c’è da credergli, li hanno contati uno a uno.

Da record è la facciatostaggine con cui il Comune che definisce se stesso – va a sapere perché – animal friendly si comporta, con esemplare costanza, da animal-enemy. Il raffazzonato “Regolamento Comunale per la tutela e il benessere degli animali”, regolamento-burla partorito con dolore, non solo non vieta la vendita di animali d’affezione in fiere e mercati ma nemmeno si sforza di fissare un limite preciso e perentorio alle ore di esposizione, così che, si tratti di santipatroni o di sammartini, a Grottammare gli animali vivi possono far mostra di sé nelle gabbie sulle bancarelle per due giorni di seguito…

grottttCopione pressoché uguale quest’anno, con una variante: gli stand pullulavano di volatili, pesci, tartarughe, conigli da compagnia, ciò che ha fatto dire a qualche avventato cronista che a causa delle scorse proteste da parte degli animalisti quest’anno erano assenti dagli stand i cani e i gatti.
L’enfasi celebratoria ha impedito di vedere che almeno uno dei mercanti furboni i cani li vendeva eccome, in alcune gabbie defilate dietro la prima linea. Solo cani di razza: beagle, carlini e qualcos’altro. Con quelli si fanno bei soldi. Ovviamente gabbie non a norma (v.foto con cane nero), e le sventurate bestiole dormivano un sonno piombigno, decisamente sospetto con quel casino intorno e le mani degli idioti protese fin dentro le gabbie.
Tanto a chi importa, mica fanno i controlli.

grott Si dà il caso tuttavia che uccelli, pesci, conigli, tartarughe ecc., quest’anno esposti in quantità industriali, siano animali tanto quanto i cani e i gatti: e allora i confusi cronisti avrebbero dovuto menzionare il numero esorbitante di volatili chiusi per giorni in gabbie sicuramente non adeguate al numero degli ospiti; i pesci compressi a centinaia in due dita d’acqua (v.foto), i conigli impauriti depressi e stressati da ore di esposizione.
Così, mentre nel proprio angolino gli Amicifedeli dispiegavano il loro zuccheroso animalismo-permaflex offrendo in adozione micetti in scatola che intenerirebbero Barbablu, e altre associazioni più o meno animaliste occupavano inoffensive il proprio metroquadro informativo, a due passi da loro gli indisturbati mercanti di animali facevano lucrosamente quel che han sempre fatto. A Grottammare si può.

Niente di nuovo, tutto déjà-vu, come l’inossidabile faccia di tolla di un Comune col vizietto di definirsi animal friendly, sicuro dell’indifferenza generale, della complicità di controllori che non controllano e di una stampa con radicata vocazione a servir Messa.
(Sara Di Giuseppe)

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