CTS LANCIA L’ALLARME NEL MEDITERRANEO-OGNI ANNO MUOIONO 100 MILA ESEMPLARI DI TARTARUGHE

Catture accidentali, traffico nautico, inquinamento le principali minacce per questi animali.
Scompaiono i siti adatti alla nidificazione. In Italia in media solo 3 nidi all’anno.
Il 4 agosto si celebra il Tarta-Day con numerose di iniziative di sensibilizzazione che vedono coinvolti in tutta Italia pescatori, turisti, diportisti, sub, amministrazioni e popolazioni locali. Andrea Orlando, ministro dell’Ambiente: “Va difesa una delle specie simbolo del Mediterraneo”.
COMUNICATO STAMPA
Le tartarughe marine stanno scomparendo dai nostri mari. A lanciare il grido d’allarme è il CTS, associazione da oltre 20 anni impegnata nella tutela di questi animali marini, che il 4 agosto celebra il Tarta Day la giornata nazionale dedicata alla tartaruga marina. Un’iniziativa a cui hanno aderito numerosi Centri di Recupero dislocati lungo le coste italiane per denunciare e proporre all’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica l’emergenza tartarughe marine. Si tratta di animali protetti a livello internazionale da una serie di Direttive e inseriti nella lista rossa della IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) ma che nonostante questo rischiano di scomparire dai nostri mari a causa di una serie di minacce.

“L’iniziativa del CTS contribuisce a difendere una specie fra le più preziose del Mediterraneo”, commenta il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando. “Anche il ministero è impegnato insieme con il CTS in difesa degli animali che sono i simboli del nostri mari. Ricordo per esempio i programmi a difesa della foca monaca, tornata alle isole Egadi, o il Santuario dei cetacei istituito con Francia e Montecarlo”.

Ma quali sono i pericoli che ne mettono a rischio la sopravvivenza delle tartarughe marine? Secondo il CTS “catture accidentali, inquinamento, traffico nautico e scomparsa dei siti di nidificazione sono le minacce principali che riguardano nel Mediterraneo le tartarughe marine e in particolare la Caretta caretta la specie più diffusa nei nostri mari”.
Le catture accidentali che si verificano durante le attività di pesca professionale sono il principale pericolo per questa specie. SI pensi che alcuni studiosi stimano che all’anno oltre 130.000 catture possano avere luogo nel Mediterraneo da palangari pelagici (ca.57000) e demersali (ca.13000), reti a strascico (ca.40000) e da posta (ca.23000), con oltre 50000 possibili casi di decesso; le statistiche ufficiali non comprendono però tutte le navi da pesca esistenti e sottostimano il numero di piccole imbarcazioni; dunque, una stima più realistica potrebbe essere di ca.200 mila catture e di 100 mila decessi.
Dal 1980 la pesca con i palangari (sistema da pesca utilizzato per la pesca al pesce spada) è la tipologia che incide maggiormente sulla popolazione di tartarughe marine nel Mediterraneo. In Italia, Canale di Sicilia, Mar Ionio e Adriatico meridionale sono aree con una forte incidenza stagionale di questo attrezzo di pesca, che si traduce in un incremento estivo dei bycatch di tartarughe. Queste rimangono allamate in seguito al tentativo di nutrirsi dell’esca posizionata sull’amo.
La pesca a strascico è ritenuta la seconda tipologia di pesca più impattante sulla popolazione di tartarughe marine per numero di catture. Incide soprattutto sulle tartarughe in fase demersale, che preferiscono acque poco profonde, meno di 50 m, dove si alimentano. Il rischio maggiore per le tartarughe catturate dalle reti a strascico deriva, oltre che da danni fisici per l’impatto con le parti dell’attrezzo, dal tempo di permanenza sott’acqua: il rischio di annegamento degli animali, anche se capaci di prolungate apnee, in condizioni di stress e limitazione di movimento risulta elevatissimo.

Gli studi sulle reti da posta e i tramagli evidenziano che le tartarughe catturate da queste reti hanno un’elevata mortalità diretta dal 50 al 100%. Esse rimangono intrappolate mangiando i pesci nelle reti e qui rimangono imbrigliate e costrette sott’acqua per un periodo di tempo insostenibile per la loro sopravvivenza. L’impatto della pesca sulla tartaruga marina è dovuto principalmente a 7 dei 21 Paesi mediterranei, responsabili per l’83% del tot. delle catture accidentali (bycatch): la flotta italiana è responsabile del 18% ed è perciò quella che incide maggiormente.
Per ridurre la mortalità derivante delle catture accidentali proprio recentemente la Commissione Europea ha finanziato con il programma LIFE Natura un importante progetto denominato TARTALIFE che vede coinvolti oltre al CTS, il CNR Ismar, il Consorzio Unimar che riunisce le associazioni nazionali di pesca professionale, Legambiente e numerosi parchi e Aree Marina protette. TARTALIFE nasce con l’obiettivo di individuare e ridurre attraverso sistemi innovativi la mortalità delle tartarughe marine nelle attività di pesca professionale.

Un altro grande pericolo è costituito dal traffico nautico particolarmente intenso nel Mediterraneo che determina molte collisioni che a causa dell’impatto spesso sfociano quasi sempre nella morte degli animali. In particolare il Mare Nostrum rappresenta il crocevia per il traffico di petrolio: un quinto del trasporto mondiale viaggia nel Mediterraneo. I dati sono allarmanti: 360 milioni di tonnellate di petrolio greggio e derivati transitano nel Mediterraneo ogni anno; un quinto del trasporto globale. Secondo una stima dell’Unione Petrolifera il Mediterraneo riceverebbe ogni anno circa 1 milione di tonnellate di idrocarburi provenienti da varie fonti (sversamenti intenzionali e accidentali, fonti endogene, apporto dai fiumi, ecc.).
Le tartarughe marine devono poi fare i conti con decine di milioni di abitanti che risiedono nella fascia costiera del Mediterraneo, circa 600 città affacciate sul mare, numerosi porti turistici e commerciali. Tutto ciò da un lato aumenta l’inquinamento (sempre più spesso si rinvengono tartarughe che hanno ingerito sacchetti di plastica scambiati per meduse) e dall’altro riduce notevolmente i siti idonei alla nidificazione di questi animali che per deporre le loro uova hanno bisogno di spiagge spaziose e soprattutto tranquille. In Italia si registrano ogni anno mediamente 3-5 nidificazioni che si concentrano nelle Isole Pelagie (Linosa e Lampedusa) e lungo la costa ionica della Provincia di Reggio Calabria.
A tutto questo, come se non bastasse, si è aggiunto recentemente un altro pericolo: le fiamme. Infatti un incendio doloso ha distrutto recentemente il Centro Recupero Tartarughe Marine CTS di Linosa che evidentemente infastidiva chi vedeva nella presenza delle tartarughe marine un ostacolo allo sviluppo di altre attività che poco hanno a che vedere con la tutela della natura. Il Centro, grazie all’aiuto dei cittadini e delle istituzione, è tornato comunque già operativo e la struttura è stata restituita alle tartarughe marine e agli abitanti dell’isola per i quali è stata sempre motivo di orgoglio.

“La situazione delle tartarughe marine nel Mediterraneo è allarmante e preoccupante. Sono anni che la nostra associazione è impegnata su questo fronte e anche se qualcosa è stato fatto, tanto altro resta ancora da fare – dichiara Stefano Di Marco Vice Presidente Nazionale di CTS. Il nostro appello è rivolto principalmente alle istituzioni, in primis alle Regioni e al Ministero dell’Ambiente al quale chiediamo di sostenere le attività dei numerosi Centri di Recupero Tartarughe Marine che operano lungo le coste italiane intervenendo con personale specializzato per soccorrere animali in difficoltà che dopo cure veterinarie, che in molti casi possono durare mesi, vengono restituite al mare. Un lavoro prezioso, costante e oneroso che nella maggior parte dei casi ricade sulle spalle delle associazioni che gestiscono questi “mini ospedali” che ogni anno permettono di salvare centinaia di tartarughe marine. Tutto questo grazie anche all’importante aiuto che arriva dai pescatori e dai cittadini che sono stati sensibilizzati alla conservazione delle tartarughe e tutela della biodiversità marina. Ci auguriamo che il nostro appello venga raccolto e si traduca presto in un sostegno concreto.”

Quest’anno a salutare con favore il Tarta Day c’è anche il Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando che lo scorso 5 giugno in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente ha adottato Rughetta, un’esemplare trovato in difficoltà che dopo essere stato curato per alcuni mesi è stato restituito al mare. A dispetto della sua fama di animale lento Rughetta, che è stata liberata dagli operatori del Centro Recupero CTS di Brancaleone (RC), ha percorso in pochi giorni già più di 1500 chilometri. Un satellitare applicato sul carapace dell’esemplare permette infatti di seguirne in diretta i suoi spostamenti (http://www.seaturtle.org/tracking/index.shtml?tag_id=130074&full=1&lang=) e tracciare la sua rotta che ha portato l’animale prima lungo le coste dell’Isola di Malta da cui è già ripartita alla volta del Nord Africa. Insomma anche per le tartarughe marine in estate è tempo di viaggiare!

Pietro Briganò
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